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È giunto il momento di riaprire il discorso su Majakovskij, e di tornare a rileggere la sua ricca e potente produzione letteraria. Tra le tantissime voci poetiche che la Russia ha saputo regalare alla cultura mondiale nei primi decenni del nostro secolo, la sua è stata spesso vista come la più allineata, la più rispondente ai dettami della Rivoluzione sovietica. Ma non è solo il suo sucidio a testimoniare una vita irrequieta, piena di contrasti e cocenti insoddisfazioni. Le poesie, famosissime o ancora poco conosciute, i saggi di estetica sorprendentemente attuali e preveggenti nella capacità di intuire lo sviluppo potenziale di nuove forme artistiche, quali ad esempio il cinema, il diario di viaggio in America, i diversi scritti occasionali, il teatro sperimentale, ci restituiscono un uomo d’arte che nessuna etichetta sarà mai in grado di definire.
Vladimir Vladimirovič Majakovskij (1893 – 1930) è il più importante poeta e drammaturgo russo del Novecento. Fin dagli esordi della nuova avanguardia futurista, si è battuto contro l’arte e la letteratura del passato, proponendo testi letterari concepiti con un forte senso finalistico (la poesia non aveva senso per lui senza una finalità precisa ed un pubblico definito), e con rivoluzionarie scelte stilistiche. Interrompe violentemente la sua esistenza, con un colpo di pistola al cuore, il 14 aprile del 1930.