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Nel 1940 il grande scrittore Comisso fu costretto dalla guerra a rinunciare ai suoi viaggi, e ripiegò pertanto sulle ricerche d’archivio a Venezia. Gli capitò di imbattersi nei documenti relativi alla magistratura degli Inquisitori di Stato, e di esserne talmente affascinato da volerne fare un libro. Nacque il progetto di un’antologia delle denunce che le spie e qualche anonimo cittadino mandavano agli Inquisitori. “Nel vagliare gli innumerevoli documenti – scrive Comisso – mi accorsi che noi nel Fascismo di quegli anni ci si trovava in una situazione parallela a quella del decadere del governo aristocratico della Repubblica di Venezia e le preoccupazioni della Serenissima languente corrispondevano in un certo senso a quelle del governo dittatoriale che volgeva verso la fine”. Come gli Inquisitori si accanivano perché i nobili usassero la toga e la bautta, mangiassero pesce invece di carne il venerdì, così il governo dittatoriale si preoccupava che gli appartenenti al partito indossassero la camicia nera nei giorni di festa, facessero il saluto romano e portassero il distintivo all’occhiello. La superficialità delle preoccupazioni per l’apparenza era la stessa mentre per entrambi nel sottosuolo si preparava la voragine che li doveva rispettivamente travolgere. Il libro uscì nell’autunno del ‘41, ma fu quasi subito ritirato dalla circolazione.
Giovanni Comisso (Treviso, 3 ottobre 1895 – Treviso, 21 gennaio 1969) è stato uno scrittore italiano, un grande protagonista della cultura italiana del Novecento.